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  • 11 ottobre 2021
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Mercato Food & Beverage, tutti i numeri di un’eccellenza

Cerved utilizza tutto il suo patrimonio di informazioni per analizzare caratteristiche e prospettive del mercato Food & Beverage, settore strategico del Made in Italy.

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Il mercato in cifre

La filiera allargata del Food & Beverage è il terzo mercato per dimensione tra i nove con cui la piattaforma Cerved Market Intelligence rappresenta l’economia reale italiana. Vi operano più di un milione di imprese iscritte nelle Camere di Commercio, che danno impiego a oltre 2 milioni di addetti, generando un giro d’affari di 478 miliardi di euro.

Il Food & Beverage comprende settori fortemente export oriented grazie all’apprezzamento del Made in Italy nel mondo. In questo mercato viene ricostruita l’intera filiera attraverso 6 comparti:

· Agricoltura, che comprende sia settori altamente specializzati come quello dei prodotti chimici per l’agricoltura o delle macchine agricole, sia settori più tradizionali e caratterizzati da fenomeni di autoimpiego, come quello delle coltivazioni agricole;

· Allevamento, che oltre all’allevamento degli animali include anche la produzione di latte crudo e la pesca;

· Prima trasformazione, l’industria che trasforma le materie prime in alimenti, e che comprende la molitoria, mangimi per animali e composti, la macellazione, la lavorazione di cereali e le carni rosse;

· Alimentare, che è segmentato in 36 settori che riflettono le diverse articolazioni dell’industria agroalimentare (es. formaggi da tavola, surgelati, pasta, salumi ecc.), includendo anche gli alimenti per animali domestici e i prodotti gluten free;

· Bevande, che includono il settore vinicolo, le acque minerali, birra e altri generi alcolici o analcolici;

· Distribuzione, che comprende tutti gli esercizi all’ingrosso o al consumatore (sia grande distribuzione, sia al dettaglio) che consentono di portare i prodotti alimentari agli utenti finali.

La filiera del Food & Beverage è quindi un’industria molto eterogenea, nel quale operano multinazionali globali e imprenditori individuali, che combina tradizioni secolari con innovazioni anche molto spinte, come l’utilizzo di sistemi industriali 4.0 e dei big data.

In generale, il mercato è molto frammentato, con un’ampia presenza di imprese individuali o di dimensione microscopica. I dati indicano in media meno di 2 addetti per impresa, che però salgono a 15 nella prima trasformazione e a 7 negli alimentari.

Il Food & Beverage è una filiera presente in tutto il territorio nazionale, ma particolarmente importante nelle regioni del Sud, in cui impiega più di un addetto su 5 (contro una media nazionale pari al 15%, uno su 6), con punte che arrivano al 42% degli addetti a Ragusa, al 34% a Matera, al 33% a Oristano. Tra le regioni, Sicilia e Trentino Alto Adige si caratterizzano per una specializzazione diversificata in più comparti della filiera: agricoltura, bevande e distribuzione nel caso della Sicilia, allevamento, alimentari e bevande nel caso del Trentino Alto Adige.

Nel 2020 il Food & Beverage ha continuato ad aumentare l’export (+1,7%), in controtendenza con il resto dell’economia italiana fortemente colpita dalle restrizioni ai traffici imposte dalla pandemia (-9,7%). Il settore ha totalizzato complessivamente 46 mld di esportazioni. In base al foreign market score di Cerved, le imprese che operano nel Food & Beverage sono caratterizzate da una maggiore propensione all’export rispetto al resto dell’economia (34,9% vs 27,0%). I comparti con la maggiore incidenza di aziende internazionalizzate sono le bevande (56,4%) e gli alimentari (40,1%).

La caratteristiche delle imprese: redditività e solidità delle società che operano nel Food & Beverage

I bilanci di cui dispone Cerved consentono di definire le principali caratteristiche economico-finanziarie delle società che operano nel Food & Beverage. Si tratta delle società di capitale, con obbligo di deposito del bilancio, in cui sono impiegati più del 50% degli addetti della filiera e che ne generano la maggior parte del valore aggiunto.

In media le società del Food & Beverage sono meno redditizie rispetto al resto delle imprese italiane. Scontano una minore produttività, associata a una dimensione media più piccola che non consente di trarre vantaggio da economie di scala e alla presenza di attività labour intensive

Le imprese del Food & Beverage occupano addetti che guadagnano in media circa mille euro all’anno in meno rispetto al resto dell’economia (36,8 mila euro per addetto vs 37,8). Nonostante i costi del lavoro più bassi, la produttività del mercato risultano inferiori alla media italiana: ogni addetto del F&B genera 56,9 mila euro di valore aggiunto, contro i 59,6 mila calcolati sul complesso delle imprese italiane. Questo si traduce in una minore competitività: per ogni 100 euro spesi per il personale, nel Food & Beverage si producono 154 euro di valore aggiunto, circa 4 in meno di quanto calcolato per la totalità delle società.

La minore produttività si riflette sulla redditività, che è nel Food & Beverage minore rispetto alla media nazionale. Se si considera l’ultimo anno per cui si dispone dell’universo dei bilanci (2019), il rapporto tra Mol e fatturato – che misura quanta parte delle vendite produce profitti prima degli ammortamenti degli investimenti e delle componenti finanziarie e straordinarie – è in crescita dai minimi del 2012 (dal 3,7% al 4,9%), ma molto inferiore rispetto a quello medio (8,6%).

Ma quello che è vero in media, non è vero per tutte le imprese e anche i dati riferiti ai diversi comparti evidenziano una certa eterogeneità. Le bevande e gli alimentari, ad esempio, fanno registrare indici di produttività e di competitività largamente superiori rispetto alla media nazionale, nonostante un costo del lavoro mediamente più alto. Le bevande mostrano indici di redditività lorda superiori al dato nazionale, mentre la distribuzione è il comparto con i livelli più alti di redditività netta, con il ROE sopra la media nazionale.

Dal punto di vista della solidità finanziaria e patrimoniale, le società del Food & Beverage hanno fondamentali più solidi del passato, mantenendo comunque un gap con il resto delle imprese italiane.

Tra 2007 e 2019 la leva finanziaria media, misurata in termini di valore dei debiti finanziari ogni 100 euro di patrimonio netto e che esprime l’equilibrio tra fonti esterne e mezzi propri, è diminuita da 119 a 74 euro, rimanendo di circa 14 punti superiore alla media complessiva. Anche il rapporto tra oneri finanziari e Mol, un indicatore spesso utilizzato dagli analisti per valutare la tenuta delle imprese, evidenzia un forte miglioramento nel corso dell’ultimo decennio.

Anche con riferimento alla sostenibilità dei debiti, i dati relativi ai singoli comparti evidenziano differenze marcate. Nell’allevamento e nella prima trasformazione, l’ammontare di debiti finanziari supera quello del patrimonio netto. Negli altri mercati il quoziente risulta più basso, con una situazione particolarmente solida nelle bevande e negli alimentari.

Le tendenze più recenti

La filiera del Food & Beverage ha risentito in modo contenuto della crisi economica seguita alla pandemia. In parte, questo è dovuto alla natura anticiclica di molti settori che operano nell’ambito della filiera. Inoltre, l’alta presenza di imprese che operano in settori ritenuti “essenziali” durante i primi mesi del Covid ha consentito di mantenere i livelli di attività precedenti.

Nonostante il Covid, nel 2020 le società del Food & Beverage hanno realizzato un volume di ricavi in linea con quelli del 2019 (-0,7% tra 2019 e 2020), un risultato nettamente migliore rispetto a quello del complesso delle società italiane, che hanno subito una brusca contrazione delle vendite (-10,7%).

Non tutti i settori della filiera sono stati però immuni agli effetti del Covid: alcune conseguenze molto negative sui settori a valle, come i bar e i ristoranti, hanno fatto sentire i loro effetti anche in alcuni segmenti del mercato, che hanno dovuto far fronte a un brusco calo della domanda.

A soffrire l’anno del Covid sono state soprattutto le imprese che operano nelle bevande (-4,6% tra 2019 e 2020), che hanno risentito del lungo periodo di chiusura forzata di bar e ristoranti, non compensato dall’aumento dei consumi in casa. Più ridotti i cali registrati nella distribuzione, nell’allevamento e negli alimentari, con questi ultimi che si sono mantenuti su livelli vicini a quelli dell’anno precedente, mentre l’agricoltura e la prima trasformazione hanno fatto registrare aumenti del fatturato.

In tutta la filiera sono crollate le nascite di imprese nel 2020, ma anche le chiusure. Secondo gli archivi di Cerved nel Food & Beverage sono nate oltre il 16% di società di capitale in meno rispetto all’anno precedente. È un dato in linea con la media nazionale, che ha riguardato tutti i comparti della filiera. Nei primi sei mesi del 2021, le nascite nel Food & Beverage risultano però ancora distanti dai livelli registrati prima del Covid, a differenza di quanto avviene nel resto dell’economia. I livelli del primo semestre 2019 sono recuperati soltanto nelle bevande e nella prima trasformazione.

Il crollo delle nascite è coinciso con quello delle chiusure di impresa: grazie a una serie di interventi presi per mitigare gli impatti della pandemia – come le garanzie pubbliche, l’improcedibilità dei fallimenti, le moratorie – anche il numero di uscite dal mercato è risultato ai minimi storici nel 2020.

Il lockdown ha prodotto tensioni sul circuito dei pagamenti della filiera, concentrati nei mesi del lockdown e velocemente riassorbiti nei mesi successivi. Lo dicono i dati sulle transazioni commerciali tratti da PayLine, il database di Cerved sulle abitudini di pagamento che costituisce un termometro molto puntuale delle condizioni di liquidità delle imprese italiane. I dati evidenziano differenze consistenti a fine 2020, con quasi due terzi del valore delle fatture non saldate da parte delle PMI che operano nell’allevamento e comportamenti molto più regolari in settori come quello delle bevande, della distribuzione, degli alimentari.

Lo scenario e le prospettive

In un mercato maturo come quello italiano caratterizzato da competizione molto aspra in cui è sempre più difficile consolidare le proprie quote di mercato, le prospettive di crescita del Food & Beverage dipendono dalla capacità delle nostre imprese di guadagnare quote di mercato all’estero, soprattutto nei paesi a forte crescita demografica, e di intercettare tendenze emergenti nella domanda dei consumatori.

Dal punto di vista della domanda, infatti, i cambiamenti degli acquisti emersi nel periodo pandemico hanno accelerato tendenze già in atto che si consolideranno:

centralità di salute e benessere uniti al forte interesse per l’italianità, con particolare riferimento ai prodotti salutari, integratori , bio, a km zero e tracciabili;

• importanza della sostenibilità, con l’utilizzo di confezioni in materiali riciclabili ed ecosostenibili;

polarizzazione dei consumi: si passa dai segmenti super-premium ai primi prezzi senza mai rinunciare alla qualità; da un lato la ricerca di prodotti a valore aggiunto (gourmet) come autogratificazione e dall’altro una forte attenzione ad un rapporto qualità/prezzo equilibrato, vista la difficile congiuntura economica con conseguente ridimensionamento dei redditi e della capacità di spesa

Secondo i modelli di previsione di Cerved, nel biennio 2021-22 la filiera del Food & Beverage crescerà a ritmi piuttosto contenuti, nell’ordine del 2,1% nel 2021 e dell’1,6% nel 2022. Sono dinamiche più ridotte rispetto a quelle previste nel resto dell’economia, che rimbalzerà recuperando solo in parte il terreno perduto nel corso del 2020.

Nell’ambito della filiera, le tendenze risulteranno diversificate. La ripresa sarà più intensa nei settori più colpiti dal Covid, bevande e distribuzione, ma con una dinamica insufficiente a tornare ai livelli del 2019. Negli altri comparti i ritmi di crescita saranno più lenti, ma nel 2022 si tornerà al di sopra del pre-Covid.

Questa fase di ripresa coinciderà nel Food & Beverage con un lieve aumento del rischio di default, dovuto al deterioramento del contesto esterno alla filiera. Sono risultati basati sul Cerved Group Score, un modello di previsione delle insolvenze ampiamente utilizzato dal sistema bancario. Nelle bevande e negli alimentari si prevede la quota maggiore di società che potrebbero entrare in default nei prossimi 12 mesi; nella distribuzione e nella prima trasformazione la quota più bassa.

In un contesto di crescita moderata, esistono alcune dinamiche che potrebbero aprire importanti prospettive di crescita e di profitto per le società del Food & Beverage che sapranno intercettare queste tendenze. Ad esempio, la crescente attenzione ai temi della sostenibilità ambientale potrebbe favorire alcune società del Made in Italy, con modelli di business nativamente coerenti con le tendenze ESG e che potrebbero trovare l’interesse di fondi di investimento.

Le imprese ad alto potenziale per competere nello scenario che si sta delineando si focalizzano su politiche di prodotto incentrate sulla valorizzazione della qualità e del Made in Italy, oltre che sulla ricerca di distintività e differenziazione. Il controllo della filiera risulta sempre più importante in termini di tracciabilità e approvvigionamento delle materie prime. Risulta fondamentale una politica distributiva omnicanale in cui convivano l’ecommerce e il negozio di prossimità.

Trasversale l’innovazione a tutte le fasi del processo di produzione industriale e distribuzione, dove la digitalizzazione rivestirà un ruolo sempre più rilevante.

Ad esempio, una recente ricerca di Cerved sulle società italiane che sono cresciute di più nell’alimentare, indica che tra le best performer del comparto molte operano nel mercato delle cialde di caffè. Un’innovazione piuttosto recente in un mercato già maturo, ma che ha modificato le preferenze dei consumatori, aumentando la loro propensione alla spesa.

Secondo il Cerved Growth Index – uno score che sintetizza il potenziale di crescita di tutte le società italiane basato su un’ampia gamma di informazioni, dalle performance passate alla tendenza all’innovazione e alle esportazioni – esiste un numero significativo di imprese eccellenti che operano nel Food & Beverage.

In base a questo indicatore esistono circa 25 mila società del Food & Beverage con alta propensione alla crescita. Il numero corrisponde a una quota del 27% rispetto al totale di quelle analizzate, una quota ampiamente superiore rispetto a quella calcolata sul complesso delle società italiane (16%). La presenza di società eccellenti risulta molto alta nella prima trasformazione e nelle bevande. In termini assoluti, il numero maggiore di società eccellenti opera invece nella distribuzione.

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