Il ruolo del geomarketing per le nuove aperture

Se si vuole aprire una nuova attività fisica quello di cui si ha bisogno è un’analisi di geomarketing.

Con “Geomarketing” si intende l’analisi di dati economici e demografici riferiti a una specifica zona territoriale. Questo tipo di ricerca permette non solo di pianificare strategie di marketing mirate ma anche di valutare la potenzialità di business offerto da un territorio, piuttosto che da un altro.

Come fare geomarketing quando si vuole aprire una nuova attività

L’analisi della zona in cui si vuole aprire un’attività è uno step cruciale per definire il potenziale dei propri progetti di business futuri. Come prima cosa, è necessario scegliere la zona che si vuole analizzare su una mappa: bisogna capire, in base agli obiettivi, se concentrarsi su una zona grande oppure una porzione più piccola.


Da qui, è necessario individuare tutti i possibili concorrenti già presenti sull’area delineata. Di questi, è opportuno raccogliere più informazioni possibili, per definire se possono presentare per sé e il proprio business un possibile ostacolo e valutare così la fattibilità del proprio progetto.

L’analisi geografica con Atoka

Se si è alla ricerca di uno strumento che permetta di fare analisi su base geografica, Atoka è la soluzione giusta.

Una delle funzionalità che la piattaforma offre per questo scopo è la visualizzazione su mappa. Una volta effettuata una ricerca e filtrate tutte le attività presenti in una determinata zona grazie alla ricerca per sede, si può selezionare la tab “Mappa”.

In questo modo, i soggetti verranno visualizzati su mappa sulla base della loro sede legale. Inoltre, si può accedere ai dettagli di ogni singola attività, zoommando sulla cartina oppure cliccando sul bollino blu che indica il numero delle sedi legali delle aziende presenti nella zona, e successivamente sul pin verde che identifica il singolo soggetto.

Da qui, si può cliccare per salvare quell’attività in una lista oppure visualizzare la sua scheda dettaglio.

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Atoka: lo strumento per studiare un mercato senza segreti

C’è una componente molto importante nelle attività di analisi di mercato, siano esse rivolte alla ricerca di clienti, prospect, partner o collaboratori: questa è la trasparenza e la veridicità delle informazioni. Grazie ad Atoka, la raccolta di informazioni rispetto a un’azienda è estremamente semplice. Ma come possiamo fare per capire la sua reale reputazione, oltre a tutto ciò che questa presenta sui suoi canali digitali?

Atoka e le analisi delle menzioni

Un modo per monitorare la reale considerazione di un brand sta nell’analisi delle sue menzioni. Atoka rende possibile questa ricerca grazie alla sezione “Notizie”. Un modo per scoprire, in pochi secondi, qual è la reputazione di un’azienda, ma non solo.

La sezione “Notizie” permette di verificare le novità sui tuoi clienti, fornitori o prospect e rimanere aggiornati su determinate tematiche d’interesse.

Come funziona la ricerca di notizie

Grazie all’infinita disponibilità di dati presenti online, unita allo sviluppo dell’analisi semantica, è possibile ricercare e monitorare le notizie in cui vengono menzionate determinate aziende o persone ufficialmente a esse collegate.

Come per la sezione di ricerca delle aziende, anche in questo caso la ricerca delle notizie avviene tramite l’utilizzo di uno o più filtri. È possibile ricercare direttamente notizie che parlano di un soggetto menzionato specifico oppure incrociare varie caratteristiche come sentiment, categoria, eventi di business e altre ancora.

Per sfruttare al massimo le potenzialità di questo strumento, consigliamo l’utilizzo del filtro “Contiene” che, in questo caso, funge come un vero e proprio motore di ricerca e permette di effettuare ricerche puntuali su una singola parola o una frase utilizzando le virgolette.

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Lead Generation B2B: come trovare i clienti giusti?

Esistono molte aziende potenzialmente interessate al nostro servizio, ma molte di queste sono fuori dal nostro target ideale. Come possiamo, quindi, fare lead generation, trovare nuovi clienti e partner in grado di recepire davvero la nostra offerta? Per tanti anni, l’unico strumento a disposizione degli uffici commerciali e marketing sono state le famigerate “liste“. Ma abbiamo davvero le informazioni che ci servono per fare la differenza?

Abbandonare le vecchie liste di nominativi

Spesso, l’unico modo di risalire al settore dell’azienda è utilizzare i codici ATECO: una tassonomia ufficiale, sicuramente utile, ma molto generica e non aggiornata. Ma se i settori Ateco non bastassero? Cosa faremmo, se ci servisse sapere di più dei nostri potenziali clienti, identificare solo quelle imprese che hanno lavorazioni in linea con la nostra offerta? O se volessimo collegare queste informazioni a quelle dimensionali, come per esempio i ricavi o il numero di dipendenti? Se cercassimo di ottenere informazioni direttamente dalle pagine aziendali sul web? Utilizzare i normali motori di ricerca sarebbe efficace?

Big Data per la Lead Generation

L’avvento di tecnologie BIG DATA e l’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale, collegati agli strumenti più avanzati di analisi semantica, ci permettono di far evolvere l’attività di Lead Generation e Targeting, con livelli di efficacia, rapidità di esecuzione e qualità dei dati fino a pochi anni fa inimmaginabili. L’universo dei dati ufficiali, derivanti da fonti camerali, viene arricchito con le informazioni provenienti dal Corporate Web, dalle News sulle aziende e dagli Open data: un enorme patrimonio informativo, esclusivamente focalizzato sulle imprese italiane e i loro esponenti, costantemente aggiornato e accessibile.

Atoka, Next Generation Sales & Marketing Intelligence

Atoka è lo strumento costruito per rispondere a tutte queste esigenze: il più potente motore di ricerca aziendale, fruibile attraverso una piattaforma web accessibile da ogni browser e dispositivo. La massima potenza in uno strumento semplice e collaborativo, in grado di accelerare i risultati e favorire il cambiamento dei processi commerciali della tua azienda.

Una piattaforma che non solo mette a disposizione i dati provenienti da database e tecnologie varie che permettono di costruire la scheda di oltre 6 milioni di aziende, ma che permette di integrare dati proprietari con quelli presenti in Atoka grazie alla funzionalità dei custom data.

Atoka si rivela così uno strumento indispensabile per le aziende, utilizzabile in ogni fase, dalla lead generation fino alla gestione delle trattative commerciali.

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L’analisi delle liste in Atoka

Tra gli strumenti maggiormente utilizzati in Atoka ci sono le liste, un elenco chiuso che raccoglie tutte le aziende derivate da una determinata ricerca. Possono sembrare uno strumento semplice e banale, ma nascondono un potenziale enorme. Vediamo i tre vantaggi principali.

Analisi delle liste Atoka con la visualizzazione a statistiche

Sebbene ci sia la possibilità di scaricarle, analizzare le liste direttamente in Atoka può essere la soluzione più rapida ed efficace. Selezionando la lista di interesse abbiamo, infatti, la possibilità di sfruttare la visualizzazione a statistiche, accessibile dalla pagina principale.

In questo modo, potremo analizzare rapidamente le aziende inserite nella lista e visualizzarne i risultati divisi per grafici e metriche definite dalla piattaforma stessa oppure dai nostri custom data. Tra i grafici presenti, troveremo i grafici su mappa, grafici a barra per dati come ricavi e eventi negativi e grafici a torta come quello relativo ai codici ateco.

Confronto di due gruppi di dati

Grazie alla funzionalità “Confronta”, Atoka ci permette di confrontare i dati di una ricerca con un secondo gruppo di dati, tra ricerche salvate e liste.

Uso delle liste Atoka come filtro

Possiamo usare la potenza dei filtri di Atoka all’interno delle liste, selezionando quelle desiderate per esplorarne i contenuti, raffinarle e produrre, quindi, nuove sotto-liste.

Utilizzando una lista come filtro possiamo, infatti, aggiungere ulteriori criteri alla nostra ricerca per segmentare maggiormente le aziende presenti. È possibile, inoltre, incrociare liste e ricerche in modo da osservare i cambiamenti dei risultati nel corso del tempo.

L’importanza delle liste già scaricate

Anche le liste già scaricate, che troviamo nella sezione “I tuoi export” nella pagina dedicata, risulteranno particolarmente utili e importanti per analizzare i cambiamenti di un determinato settore nel tempo.

Consigliamo, infatti, di non eliminare mai lo storico degli export. Ogni esportazione è una copia statica della lista selezionata estratta in un dato momento: nel caso avessimo bisogno di scaricare nuovamente quella lista, avremo possibilità di farlo senza utilizzare nessun nuovo credito, cliccando sul pulsante “scarica”.

In conclusione, quindi, le liste sono una delle funzionalità più versatili ed efficaci in Atoka: salvando i risultati delle nostre ricerche, avremo la possibilità di riprenderli e analizzarli nel tempo, di aggiornarli, andando sempre più nello specifico, e di condurre analisi di mercato dettagliate e trasversali.

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Atoka per le piccole imprese

Quando si tratta di piccole aziende, il fattore umano è uno degli elementi cruciali nel determinare risultati e una buona crescita. Le piccole imprese hanno, però, capacità ridotte rispetto alle grandi aziende, a livello economico e di risorse umane. Può risultare, quindi, difficile dedicare del tempo alla ricerca personalizzata di clienti o all’analisi di mercato. Queste attività potrebbero sembrare sostenibili solo dai big player del mercato. Per ovviare a questo problema è possibile utilizzare Atoka.

Atoka e le analisi di mercato

Se per un’azienda fare analisi di mercato significa dedicare il tempo di un dipendente a perdersi in pagine e pagine di risultati sui motori di ricerca, Atoka rappresenta la soluzione giusta.

Grazie alla possibilità di accedere a dati affidabili e aggregati relativi alla situazione commerciale delle aziende italiane, Atoka permette di effettuare ricerche specifiche sulle attività di tutta Italia. Tutto ciò che solitamente si trova incrociando motori di ricerca, social e altri canali tradizionali, Atoka lo fornisce, grazie una sola e semplice ricerca, in pochissimo tempo.

Una volta effettuata la ricerca si avrà, infine, la possibilità non solo di salvare le ricerche ma anche di condividerle con i colleghi. Si potrà, inoltre, scaricarle in formato excel oppure in csv per avere i dati di cui si ha bisogno sempre a portata di mano e per una migliore fruizione e analisi.

Ricerca di nuovi clienti

Avere a disposizione una tale mole di dati permette di effettuare analisi di mercato, di studiare una singola azienda e aumentare le possibilità di convertirla in cliente.

La tecnologia semantica di cui si avvale la piattaforma consente, infatti, di gestire e raccogliere le informazioni contenute nel sito web o nelle pagine social. Consente, inoltre, di capire se ci sono notizie o articoli inerenti a quella determinata attività, per ricavare informazioni utili sulla sua reputazione o sul suo modo di operare. 

Oltre a questo, Atoka mette a disposizione i dati su persone, ricavi e molto altro ancora. Grazie ad essi è possibile personalizzare il primo contatto diretto con un possibile prospect.

Conclusione

È giunto il momento anche per le piccole attività di ottimizzare i tempi e affidarsi a tecnologie innovative che permettono di risparmiare tempo e denaro. In questo, Atoka è il modo migliore per iniziare e raggiungere nuovi livelli di produttività ed efficienza.

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Rischio di credito: come gestire al meglio ritardi e insolvenze

Tieni sotto controllo e gestisci al meglio il rischio di credito con i consigli della guida Cerved. Scarica il terzo capitolo.

Cash flow, incassi e pagamenti

Se il tuo cliente è costantemente in ritardo con i pagamenti, o addirittura insolvente, puoi avere pesanti ripercussioni sui flussi in entrata. Allo stesso modo, una riduzione dei tempi in cui devi liquidare le fatture ai tuoi fornitori influisce negativamente sui flussi in uscita e, quindi, sulla capacità della tua impresa di generare liquidità per poter rimborsare un eventuale finanziamento bancario.

Tieni sotto controllo ritardi e insolvenze

Il rischio di credito generato dal portafoglio clienti rappresenta una delle principali cause che possono determinare per l’impresa, soprattutto se medio-piccola, una crisi di liquidità. Nel contesto odierno, caratterizzato da una maggiore severità nel concedere credito da parte delle banche e da condizioni finanziarie più fragili per le imprese, la prevenzione e la gestione adeguata di tale rischio ha assunto una rilevanza centrale nell’ambito del business.

Quindi, se ottimizzi la gestione del tuo portafoglio clienti in termini di scaduto, performance di pagamento, livello di esposizione, puoi tenere sotto controllo il rischio di credito commerciale.

Gioca d’anticipo e misura il rischio di credito

Un adeguato processo di gestione del credito ti consente di giocare d’anticipo e determinare ex-ante il rischio cliente. Utilizza un sistema di scoring per misurare il rischio di credito del singolo cliente e di tutto il portafoglio commerciale.

Operativamente, o sviluppi un sistema interno utilizzando alcune informazioni sintetiche che ti consentono di ottenere un giudizio sulla solvibilità del cliente, oppure puoi ricorrere a un information provider esterno che sviluppa un sistema di scoring.

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I Rating ESG e la sostenibilità

Scarica l’ottavo capitolo della Guida Cerved: “Come ti valutano le banche e i finanziatori” ed entra nel mondo dei Rating ESG.

Sempre più spesso le decisioni di investimento non si basano esclusivamente su parametri “finanziari”, ma tengono conto anche dei fattori “extra-finanziari” ovvero gli ESG (Environmental, Social e Governance), che giocano un ruolo fondamentale nel determinare la sostenibilità di un investimento nel medio-lungo periodo.

È qui che entra in campo il Rating ESG (o Rating di sostenibilità) che è un giudizio sintetico che valuta la capacità di un soggetto economico di gestire gli aspetti ambientali, sociali e di governance.

Non sostituisce il Rating tradizionale ma è complementare e il suo scopo è quello di aumentare le informazioni disponibili e quindi migliorare le valutazioni e le scelte.

Quando una impresa è sostenibile?

In generale si può considerare sostenibile una impresa che è in grado di gestire il proprio business in maniera integrata con una prospettiva di medio-lungo termine. Ovvero:

 ● crea valore condiviso con tutti gli stakeholder in modo duraturo;

● misura le decisioni di business analizzando tutti gli impatti (economici e non) che esse determinano;

● comunica gli impatti di sostenibilità delle decisioni per ciascun fattore ESG.

Quali sono i fattori a cui è attenta una impresa sostenibile?

L’impresa sostenibile è attenta a tre fattori:

 1. Fattore ambientale (Enviromental): che considera i rischi legati ai cambiamenti climatici e quindi attenta alla riduzione delle emissioni di CO2, all’efficienza energetica, all’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali (es. acqua), che adotta politiche contrastanti all’inquinamento dei siti produttivi, implementando pratiche legate alla circolarità nell’uso delle risorse e della produzione dei rifiuti (c.d. circular economy).

 2. Fattore sociale (Social): che include politiche per il miglioramento della qualità dell’ambiente di lavoro e del welfare, per le relazioni sindacali, per le diversità di genere, abilità ed età, per standard lavorativi, per condizioni di sicurezza sul posto di lavoro, per il rispetto dei diritti umani e per una assunzione di responsabilità sociale a tutto tondo.

 3. Fattore di governo societario (Governance): che riguarda l’etica e la trasparenza del governo societario, la presenza di consiglieri indipendenti o non esecutivi, le politiche di diversità nella composizione dei CdA, la presenza di piani ed obiettivi di sostenibilità legati alla remunerazione del board, oltre alle procedure di controllo, le policy e più in generale i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di etica e compliance.

Perchè per una impresa misurare la sostenibilità è una azione strategica?

 Al fine di rispondere alle esigenze degli investitori e aumentare la propria attrattività, le imprese possono concentrarsi sulle seguenti aree:

introdurre modelli di governance aziendale più trasparenti e aperti al contributo attivo degli investitori;

● rendicontare gli impatti ambientali e fornire informazioni più frequenti e dettagliate sull’attività dell’azienda;

evidenziare quali sono gli impatti sociali ed economici, diretti e indiretti che l’impresa genera nel territorio in cui opera;

creare relazioni efficaci con i partner finanziari;

elaborare piani industriali che includano kpi di sostenibilità nel medio-lungo periodo.

Quali sono i vantaggi nel disporre di un Rating ESG?

 Avere un Rating ESG consente:

● la misurazione delle performance di sostenibilità;

● il miglioramento del posizionamento e della leva commerciale;

● il contenimento del rischio reputazionale;

● il monitoraggio di parametri di efficienza e produttività;

● l’incremento delle opportunità di investimento e delle opportunità di accesso al credito, anche agevolato;

● il possibile miglioramento dei costi di finanziamento.

Perché la sostenibilità è rilevante per le PMI

Rendicontare la sostenibilità è una leva di crescita per le PMI: non solo per accedere più facilmente a prestiti e finanziamenti, ma anche per individuare e misurare quelle dinamiche che permettono loro di stare sul mercato, estraendone flussi di cassa, e adottando comportamenti virtuosi che possono massimizzare profitti e impatti positivi.

Le banche e gli investitori possono essere per le PMI degli importanti facilitatori: promuovendo l’adozione di strumenti di rendicontazione socio-ambientale, portano questi temi all’attenzione di realtà che spesso, per loro natura, sono già allineate a obiettivi di sostenibilità, ma che non sono portate a esplicitare il proprio impegno e le proprie performance.

Mostrando i vantaggi connessi all’uso di questi strumenti, le aiutano inoltre a prepararsi alla prossima transizione, che nel giro di pochi anni renderà la misurazione e valutazione degli impatti un requisito essenziale per tutte le aziende.

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Score e Rating: cosa sono e a cosa servono

Leggi il settimo capitolo della Guida Cerved: “Come ti valutano le banche e i finanziatori” e guarda i video sullo score e il rating.

La banca sintetizza tutte le informazioni in suo possesso ed esprime un giudizio sull’affidabilità dell’impresa tramite il rating. Nel dettaglio il rating indica la probabilità che un’impresa che richiede un credito sia solvibile e quindi in grado di restituire il denaro preso in prestito. Migliore è il giudizio assegnato alla tua impresa, maggiore è la possibilità che tu possa accedere al finanziamento e ottenere migliori condizioni in termini di tassi di interesse.

Esistono due tipologie di rating:

rating interno: elaborato internamente dalle banche;

rating esterno: calcolato da agenzie specializzate.

Il rating bancario: le informazioni che contano

Ad oggi non esiste un sistema di valutazione unico, infatti il rating può variare in funzione dell’istituto di credito. Tuttavia la tipologia di informazioni analizzate sono simili per tutte le banche e sono quelle indicate nel primo capitolo ovvero:

informazioni quantitative;

informazioni qualitative;

informazioni andamentali.

Il rating può migliorare: ecco cosa fare

Considerate le difficoltà, soprattutto per le micro e piccole imprese, ad accedere al credito, se conosci i fattori che determinano il rating puoi cercare di migliorarli per ottenere un finanziamento bancario e pagare costi meno elevati in termini di tassi di interesse.

Di seguito vediamo alcuni consigli di “buon senso”:

Il rating esterno: le agenzie specializzate

La banca può scegliere se utilizzare il rating interno o esterno. Abbiamo visto che con il rating interno la banca attribuisce, tramite propri modelli di analisi autorizzati dalla Banca d’Italia, un rating all’impresa. Se sceglie, invece, il rating esterno, la banca utilizza i giudizi espressi da agenzie specializzate sulla capacità dell’impresa di rimborsare il capitale prestato. In Europa le agenzie di rating sono registrate all’ESMA (European Securities and Markets Authority) 

I metodi di valutazione automatici: lo score

Il processo di valutazione del rischio di credito, può avvenire anche in modo completamente automatico, in questo caso il merito di credito viene definito dallo score. Lo score è un’analisi quantitativa e automatica basata su modelli statistici che impiegano un’ampia gamma di informazioni storiche sull’impresa valutata come bilanci, settore di appartenenza, abitudini di pagamento. Il risultato è generalmente un punteggio che, in una scala da 1 a 10, esprime la probabilità di mancato pagamento (o insolvenza vera e propria) dell’impresa. In sostanza, lo score scatta un’istantanea dell’azienda utilizzando i dati storici per valutarne il rischio di credito.

Lo score, quindi, guarda alla storia passata di un’azienda mentre il rating guarda anche a quella futura e, in presenza di ulteriori dati qualitativi e non, può modificarne la valutazione dello score in negativo o in positivo.

Leggi il settimo capitolo della Guida Cerved: “Come ti valutano le banche e i finanziatori” e guarda i video sullo score e il rating.

BigData, il ruolo dei sistemi NoSQL

Nel capitolo precedente abbiamo raccontato la genesi dei BigData. Dall’inizio degli anni 2000 le grandi quantità di dati sono state identificate come il nuovo petrolio e le 3V si sono rivelate la base della tecnologia.

Cosa sono i sistemi NoSQL?

In tale contesto si innestano i sistemi NoSQL, ovvero diverse tecnologie di persistenza e gestione dati, nati tra la fine degli anni 2000 e il decennio successivo, finalizzati a gestire i dati con paradigmi e approcci nuovi, in contrapposizione con il modello dei database SQL (sarebbe meglio dire relazionali) che hanno dominato il mercato nei 30 anni precedenti.

Sarebbe più corretto parlare di sistemi NoRel, facendo riferimento al fatto che queste tecnologie non si basano sui database relazionali, ma quando nacquero l’elemento preponderante era che non supportavano il linguaggio NoSQL che era lo standard di tutti i database relazionali come Oracle, DB2, SqlServer, ecc…

Negli anni dal 2005 in poi, sono stati pensati, progettati e sviluppati approcci molto diversi per rispondere alle necessità che il mercato dei BigData ha imposto; se i database relazionali per anni sono stati l’unica risposta a qualunque esigenza in fatto di raccolta e gestione dei dati, per i sistemi NoSQL sono fioriti approcci diversi finalizzati a risolvere use case o problematiche specifiche:

Un’altra caratteristica dei sistemi NoSQL è che sono nati quasi tutti nell’ambito del mondo dell’open source, con un approccio orientato alla community che ha permesso di far circolare idee, proposte e approcci in modo molto più veloce e sperimentale dell’ambito enterprise o closed source, portando nel giro di pochi anni i big player del mondo dati a inseguire anche piccoli player.

Il sito db-engines.com, dal 2013, monitora il livello di diffusione dei principali sistemi di gestione dati del mercato, fornendo classifiche e statistiche mensili.

In questo grafico viene riportato come cambia negli anni il livello di popolarità delle tecnologie dei dati:

Se la popolarità e l’interesse dei database relazionali è rimasta invariata sul mercato, è evidente come invece negli anni sia cambiata la popolarità e la percezione dei sistemi NoSQL che sono continuamente in crescita.

Perché hanno avuto successo i sistemi NoSQL?

I sistemi NoSQL sono stati in grado di intercettare prima degli altri che il fenomeno Big Data avrebbe cambiato le cose e reso inadeguato o inefficienti e troppo costosi i database relazionali. E con un approccio aperto all’innovazione hanno fornito soluzioni stabili e funzionali per i problemi della rivoluzione digitale:

Ed è proprio la necessità di affrontare queste tipologie di problemi che ha introdotto un nuovo paradigma in ambito della ingegneria del software. Il nuovo paradigma è stato postulato nel 2011 da Martin Fowler e prende il nome di Polyglot Persistence:

A complex enterprise application uses different kinds of data, and already usually integrates information from different sources. Increasingly we’ll see such applications manage their own data using different technologies depending on how the data is used. This trend will be complementary to the trend of breaking up application code into separate components integrating through web services”.

I sistemi complessi dell’era digitale hanno necessità di sfruttare i dati in maniera diversa. Pertanto, non è più possibile che una unica tecnologia possa risolvere tutte le esigenze. Occorre costruire soluzioni e applicazioni in grado di sfruttare più sistemi di persistenza diversi per poter effettivamente estrarre il petrolio conservato nei dati.

Ed è da queste radici che sono nate le figure di data scientist, data engineer, data expert, ecc.… molto richieste sul mercato per le loro competenze finalizzate a trasformare i dati in petrolio: dalla estrazione fino alla produzione di nuovo valore.

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Siamo alla fine dell’era dei Big Data?

#capitolo1 – Genesi dei Big Data 

Non si sono dubbi. Il decennio tecnologico tra il 2010 e il 2020 è stato sicuramente caratterizzato dall’esplosione su scala mondiale del fenomeno dei Big Data. La mole di dati generati in tale lasso di tempo si è rivelata infinitamente superiore a quella creata nei millenni precedenti. 

In realtà le origini del termine Big Data risalgono a inizio anni 2000. Doug Laney, in un report del 2001, lo definì un modello di crescita tridimensionale basato sulle 3V. Laney quale colse per primo il trend che avrebbe caratterizzato gli anni successivi: una crescita esponenziale dei dati in termini di volumi, velocità di generazione e varietà. 

Un andamento stimato del volume di exabytes generati dalle web company (fonte wikipedia) 

I dati – Il nuovo petrolio 

Già nel 2006, il matematico britannico Clive Hamby coniò per primo la frase “Data is the new oil” che avrebbe caratterizzato gli anni successivi. Quello che è avvenuto con l’esplosione della web economy è probabilmente sintetizzabile in due trend: 

Da qui la definizione che i dati sono il nuovo petrolio. Di fatto sono una nuova materia prima che abbiamo sotto casa da anni ma di cui non sapevamo cosa farci; e che adesso, una volta imparato ed estrarli, possono diventare nuovi prodotti, possono creare nuova economia, possono accrescere ricchezza globale. 

Le 3V – Volume, Varietà e Veridicità 

La crescita delle 3V sui dati, volume, varietà e veridicità ha però posto sin da subito importantissimi temi tecnologici. Le tecnologie di gestione dei dati affermati e imperanti a inizio degli anni 2000 erano sostanzialmente basati su modelli e approcci che trovavano la loro genesi negli anni ‘60 e ’70. I database relazionali con cui venivano raccolti, immagazzinati, interrogati e gestiti i dati negli anni 2000 erano tecnologie pensate per risolvere problemi definiti oltre 30 anni prima. Però la tipologia di dati, la finalità dell’uso, la velocità di generazione, oltre che ovviamente i volumi, erano notevolmente diversi. Basti pensare che il linguaggio SQL è del 1974. 

Risultato: sin da subito i database relazionali hanno mostrato limiti strutturali nella gestione dei Big Data, con una corsa dei vari operatori di mercato a creare sistemi complessi di clustering, di data warehousing, ecc.. Ma la storia ci ha insegnato che quando avvengono fenomeni a crescita esponenziali, occorre cambiare paradigma di pensiero. Ed è quello che è successo anche nel mondo dei dati. Con la nascita del fenomeno dei sistemi NoSQL che rivoluzionato i dati lo scorso decennio.

Nel prossimo capitolo analizzeremo proprio questo aspetto.

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