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Presentato il Bilancio di welfare: nel 2021 oltre la metà delle famiglie italiane ha rinunciato a prestazioni sanitarie

La spese per prestazioni di welfare delle famiglie ha toccato 136,6 miliardi di euro, più di 5 mila euro a famiglia. In crescita le spese per salute (38,8 miliardi), assistenza agli anziani (29,4 miliardi) e istruzione (12,4 miliardi)

Oltre la metà delle famiglie italiane (50,2%) ha rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell’offerta. Contemporaneamente la spesa delle famiglie per la salute, l’assistenza agli anziani e l’istruzione è aumentata. È il gap fra la crescita della domanda e l’adeguatezza dell’offerta la vera novità dell’edizione 2022 del Bilancio di welfare delle famiglie italiane 2022.

La terza edizione del Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved, indagine condotta da Innovation Team dal lockdown della primavera 2020 a novembre 2021 su un campione eterogeneo di 4.005 famiglie di tutte le regioni italiane, è stato presentato il 12 gennaio a Roma alla presenza della ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, esponenti del Governo e delle Istituzioni, studiosi del cambiamento sociale e responsabili di imprese operanti mercato dei servizi di welfare.

Il punto di Paolo Pagliaro dedicato al Bilancio di welfare di Cerved
La spesa di welfare delle famiglie

Il rapporto analizza la spesa di welfare delle famiglie (Figura 1), che nel 2021ha raggiunto il valore di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del PIL, con un modello suddiviso in otto aree. La salute (38,8 miliardi) e l’assistenza agli anziani (29,4 mld) sono le due aree principali, che nell’insieme assorbono la metà della spesa familiare. Le altre aree sono: la cura dei bambini e l’educazione prescolare (con una spesa di 6,4 mld), l’assistenza familiare (11,2 mld), l’istruzione (12,4 mld), la cultura e il tempo libero (5,1 mld), le spese per il lavoro (25 mld), le assicurazioni di previdenza e di protezione (8,3 mld).

“L’industria del welfare è un settore trainante per la crescita del Paese – ha commentato Andrea Mignanelli, Amministratore Delegato di Cerved – Ai 136,6 miliardi di spesa delle famiglie si aggiungono 21,2 miliardi del welfare aziendale e collettivo, per un valore pari al 9% del PIL. Gli investimenti pubblici e privati sono decisivi per rinnovare il nostro sistema di welfare, generando nuovi modelli di servizio capaci di rispondere alla domanda delle famiglie. Con il nostro Rapporto abbiamo voluto dare un contributo concreto per misurare la domanda di servizi, nel momento in cui con il PNRR abbiamo le risorse per proiettare nel futuro il nostro sistema di welfare”.

Complessivamente la spesa di welfare delle famiglie varia più rapidamente del PIL: aumentata del 6,8% dal 2017 al 2018, ha subito una contrazione provocata dalla pandemia (-14,6% dal 2018 al 2020), per tornare a crescere nell’ultimo anno è tornata a crescere dell’11,4%.  In tre aree la tendenza generale è di continuo aumento della spesa: la salute, da 33,7 mld nel 2017 a 38,8 mld nel 2021 (superando la flessione provocata dall’emergenza Covid nel 2020); l’assistenza agli anziani, da 25,3 mld nel 2017 a 29,4 mld nel 2021; l’istruzione, da 9,6 mld nel 2017 a 12,4 nel 2021. Le spese familiari per l’istruzione hanno subito un’impennata nel 2020 a causa anche della necessità di dotarsi delle attrezzature tecnologiche richieste dalla DAD.

L’evoluzione della spesa di welfare

In tre aree, invece, la spesa delle famiglie è fortemente diminuita nel 2020 a causa delle restrizioni provocate dalla pandemia, e nel 2021 è tornata crescere ma senza raggiungere i livelli pre-crisi: l’assistenza ai bambini e l’educazione prescolare (le famiglie hanno dovuto fronteggiare la chiusura di nidi e asili con un forte aumento dell’impegno dei genitori che, in molti casi ha portato a difficoltà nel lavoro); l’assistenza familiare (è molto diminuito il ricorso alle colf); la spesa per la cultura e il tempo libero, che nel 2020 si è ridotta di due terzi e tuttora resta molto distante dai livelli precedenti la crisi.

Evoluzione della spesa delle famiglie per aree di welfare

La spesa per i servizi di welfare, pari a 5.317 euro per famiglia, ha un’incidenza del 17,5% sul reddito familiare netto che, nel 2021, è stato mediamente di 30.434 euro.

La crescita della spesa dipende in gran parte dalla trasformazione della famiglia, mossa da tre fattori principali:

  • il cambiamento degli stili di vita e dei modelli di relazione familiare;
  • la frammentazione delle strutture familiari;
  • l’impatto sulla famiglia dell’invecchiamento della popolazione.

Oggi un terzo delle famiglie italiane è composto da individui (singoli non sposati, separati e divorziati, vedovi), e, considerando anche i genitori soli con figli a carico, le famiglie con un solo adulto raggiungono la quota del 41,5%. Le famiglie composite, che comprendono, oltre a coniugi e figli, altri conviventi, in molti casi un anziano, sono solamente il 7,2%.

Composizione delle famiglie per tipologie familiari

Eppure la famiglia, con tutte le sue difficoltà, resta la rete primaria di protezione sociale, di solidarietà tra i generi e le generazioni, di educazione dei figli e di supporto alla mobilità sociale dei giovani.

Più della metà delle famiglie ha rinunciato a prestazioni di welfare

Il punto dolente del rapporto fra i servizi e il nuovo assetto familiare è rappresentato dal crescente numero di anziani che non trovano risposta adeguata nel sistema di welfare: quattro milioni di anziani, 28,9% del totale, vivono soli e le famiglie con anziani o con altre persone bisognose di aiuto sono 6,5 milioni. Nel 67,3% di queste l’assistenza è prestata esclusivamente da familiari, senza l’ausilio di servizi.

Il rapporto Cerved misura la quota di famiglie che hanno rinunciato nel corso dell’anno a prestazioni di welfare, distinguendo tra rinunce parziali e rilevanti, queste ultime con conseguenze significative sul benessere famigliare. Nell’ultimo anno più di metà delle famiglie ha rinunciato a prestazioni sanitarie, e nel 13,9% si è trattato di rinunce rilevanti. 56,8% hanno rinunciato (22% in modo rilevante) a servizi di assistenza agli anziani, e 58,4% (17,4% in modo rilevante) a servizi di cura dei bambini ed educazione prescolare. La quota delle famiglie che hanno fatto rinunce in queste aree è molto aumentata sul 2018. Non è aumentata ma resta elevata la quota di rinunce nell’istruzione: 33,8% (di cui 11,6% rinunce rilevanti).

Rinuncia alle prestazioni di welfare

Influiscono sulle rinunce tre motivazioni principali:

  • Soprattutto nell’area della salute la pandemia ha provocato restrizioni nella disponibilità di servizi sanitari e rinvio delle cure da parte degli stessi cittadini per timore del contagio. Complessivamente queste motivazioni hanno determinato negli ultimi due anni il 58,9% delle rinunce.
  • Una seconda causa di rinuncia è economica, e riguarda la difficoltà delle famiglie più povere nel sostenere il costo delle prestazioni. Si pone un problema di equità sociale: il segmento meno abbiente (7,4 milioni di famiglie, 28,8% del totale) è quello con una incidenza della spesa di welfare più alta in proporzione al reddito (21,1%). In questo segmento la quota di rinuncia alle prestazioni è elevatissima: 62,3% nella salute (19,8% di rinuncia rilevante), 77,2% nell’assistenza agli anziani (33,6% rilevante), 65,6% nella cura dei bambini (23,6% rilevante), 42,1% nell’istruzione (14,15 rilevante).
  • Ma per la maggior parte delle famiglie le principali motivazioni di rinuncia non sono economiche ma riguardano l’inadeguatezza dell’offerta. Ciò appare evidente nell’assistenza agli anziani: più del 60% delle famiglie rinunciano a questi servizi giudicandoli di qualità insufficiente (29,5%) o ritenendo che le prestazioni di cui hanno bisogno non siano disponibili (31,9%). È evidente un gap molto ampio tra i bisogni delle famiglie e l’offerta attuale dei sistemi di welfare.
Motivazioni di rinuncia alle prestazioni di assistenza per anziani e persone bisognose di aiuto
Il cambiamento nella domanda di welfare

La trasformazione della famiglia si intreccia con cambiamenti culturali e sfide sociali che generano nuovi bisogni, ai quali i modelli tradizionali di welfare non riescono a dare risposta. Il rapporto Cerved individua quattro temi principali:

  • La salute come valore guida

È in corso un cambiamento generale degli stili di vita personali, orientato a valori quali la sostenibilità ambientale e la centralità della salute, che l’emergenza Covid ha fortemente accelerato. La crescita della spesa sanitaria delle famiglie è spinta da una domanda di mantenimento della condizione di salute tramite la prevenzione e la gestione personale continua della relazione sanitaria, alla quale il sistema sanitario, concentrato sulle prestazioni specialistiche di cura, non offre risposta. Ciò apre uno spazio di mercato per nuovi servizi sanitari di prossimità e per i servizi di welfare aziendale offerti dalle imprese ai lavoratori e alle loro famiglie.

  • La domanda di qualità di vita degli anziani

Il 92% delle famiglie con anziani affermano che l’esigenza principale è mantenere la persona nel contesto delle relazioni sociali e affettive che determinano la qualità della sua vita. E il 56% richiedono a questo scopo servizi di assistenza domiciliare qualificata. Emerge la domanda di una nuova generazione di servizi di gestione continua dell’assistenza (dall’accompagnamento alla teleassistenza, alla cura sanitaria, a soluzioni residenziali flessibili), di qualità riconoscibile, certificata, economicamente accessibili e che siano in grado di ridurre gli impegni a carico delle famiglie.

  • Il ruolo della famiglia nell’istruzione

Il PNRR investe grandi risorse nel rinnovamento del sistema scolastico e universitario, allo scopo di rilanciare la formazione e la mobilità sociale dei giovani. Ma il rapporto Cerved indica che occorre agire anche dal lato della domanda, sostenendo la capacità delle famiglie di portare a termine il percorso formativo dei figli. Solo nel 9,5% dei casi l’abbandono degli studi universitari è motivato da difficoltà economiche; le ragioni prevalenti hanno a che fare con atteggiamenti rinunciatari e di sfiducia verso le prospettive del lavoro (42,7%) e verso le stesse attitudini dei ragazzi (28,4%). Occorre informare le famiglie, supportarle con servizi di valutazione e orientamento scolastico e professionale, e sostenere i percorsi formativi con iniziative premianti come le borse di studio. Anche su questo tema il welfare aziendale è in grado di offrire un contributo importante alle famiglie dei lavoratori, attivando la collaborazione tra le imprese, la scuola e l’università.

  • La conciliazione vita-lavoro, questione centrale per le pari opportunità

Il tema di fondo è sostenere la famiglia nella sua realtà attuale, nel cambiamento in corso delle strutture e dei modelli di relazione, e nella gestione del rapporto tra gli impegni familiari e il lavoro. Il tema della conciliazione vita – lavoro è particolarmente importante per l’affermazione sociale e professionale delle donne. Nelle aziende richiede che si affermino modelli organizzativi flessibili e culture di management capaci di valorizzare l’autonomia delle persone. Nella società richiede lo sviluppo di una rete di servizi di prossimità capaci di ridurre la pressione degli impegni familiari.

La domanda di welfare delle famiglie, analizzata dal rapporto Cerved, costituisce un’opportunità di sviluppo degli investimenti e di innovazione dei modelli di servizio.

Già nelle precedenti edizioni del rapporto è stata evidenziata l’importanza dell’industria del welfare come settore trainante per la crescita del Paese. Un settore alimentato non solo dalla spesa pubblica ma da quella privata: ai 136,6 miliardi delle famiglie, pari al 7,8% del PIL, si aggiungono 21,2 miliardi delle aziende (welfare aziendale e collettivo); complessivamente il 9% del PIL. Fanno parte di questa industria centinaia di migliaia di imprese, molte delle quali altamente innovative: dalle tecnologie telematiche a quelle biomedicali, dalla sanità all’assistenza, dall’educazione alla produzione culturale, alle attività per l’inclusione sociale. E inoltre organizzazioni del terzo settore e un grande numero di professionisti e operatori individuali.